Origini e Descrizioni
Furono i greci ad introdurre la sistematica coltivazione dell’olivo domestico in Sicilia dove avevano già trovato il suo antenato selvatico, l’olivastro. Era stato ancora una volta il Medio Oriente, vera “culla di civiltà” da tutti punti vista compreso quello alimentare, il luogo dove tale domesticazione era avvenuta la prima volta intorno al 6000 avanti Cristo. Tutte le olive vengono da una sola specie di albero, l’Olea europaea, e le differenze notevoli che possono esistere fra i numerosi tipi di olive da tavola sono dovute al diverso grado di maturazione dei frutti al momento della raccolta e al diverso modo con cui essi sono stati curati.
L’olivo, albero sempreverde dalla lunga vita, era subentrato alla quercia con le cui ghiande l’uomo si era nutrito nella selvaggia età dell’oro. Era considerato un albero sacro giacché “immortale”. Non è solo una leggenda: quando per qualsiasi ragione muore un olivo, dalla base del tronco (pedale o ciocco) riparte sempre un pollone, e per questo motivo gli esperti definiscono l’ulivo una pianta perenne ci sono alberi di olivo eccezionalmente antichi; sebbene non sia possibile stabilirne l’età con certezza.
Per gli ulivi infatti non si può ricorrere alla conta degli anelli di crescita che si aggiungono l’uno all’altro nel tronco. Nella base del tronco di un olivo si formano in continuazione ammassi di gemme (i cosiddetti “ovoli”) e nuovi tronchi che finiscono con il sostituire completamente quello originario: questo modo di crescere è la causa della forma eccezionalmente contorta che gli antichi olivi possono assumere.
Tra le varietà di olive presenti in Calabria, l’unica ad essere divenuta Presidio Slow Food è la cultivar ottobratica, ma ne esistono molte altre, tra le quali Carolea, Sinopolese, Roggianella.
Per chiamarsi extravergine l’olio deve essere stato ottenuto con la prima spremitura delle olive, e la spremitura deve essere stata effettuate con mezzi meccanici, cioè senza uso di prodotti chimici. L’olio inoltre deve contenere meno dell’1% di acido oleico. Quasi ovunque in Italia gli asini e i torchi degli antichi frantoi (trappeti) sono ormai stati sostituiti da moderni macchinari, ma nei musei della civiltà contadina (e in qualche villaggio del Nord Africa) è possibile osservare gli strumenti di un procedimento che era incredibilmente simile in tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo: le macine circolari che molivano le olive verdi con tutto il nocciolo e i torchi in legno (cuonsu) dove erano schiacciati i fiscoli (coffi) di giunco intrecciato dopo essere stati ripieni con la sansa risultato della precedente operazione.